Mag 23
I MIEI ANNI SESSANTA
I miei anni sessanta, libretto ispirato ed estratto dal memoir A cavallo di due secoli del 2005 (pubblicato in Home Edition e reperibile sul sito www.andreozzi.eu), vuole essere un riconoscente e affettuoso ricordo del mio Liceo Cutelli, dei miei Professori, dei miei Compagni di classe e di scuola.
Non si limita ai cinque anni del Liceo. Scivola negli anni universitari, altrettanto importanti per la formazione, e a pieno titolo parte integrante degli anni sessanta.
Racconta storie personali, ma non è un atto di vanità. Se mai una confessione pubblica dei miei timori, dei miei dubbi, e delle mie poche (ma forti) certezze.
E vuole anche ricordare un’atmosfera, un modo di vivere, consuetudini e usanze catanesi ormai scomparse e delle quali sta scomparendo anche la memoria.
Racconta anni favolosi, per la formazione, lo studio, ma anche per il divertimento e la gioia di vivere che li caratterizzarono, e tanti, tanti sogni.
Una fervida attesa di futuro, come Giovanni D’Angelo sottotitola il suo libro Catania 1945-1963 (Maimone, Catania 2018).
È dedicato alle compagne e ai compagni di quegli anni, ma anche ai cutelliani di oggi, studenti docenti e preside.
Gravina di Catania, aprile 2023 G.M.A.
Apr 25
25 APRILE 2024 79° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DAL NAZI-FASCISMO
Un anno addietro scrissi su queste pagine le riflessioni di un nonno ai propri nipoti.
Riflessioni che furono ampiamente condivise nelle chat alle quali partecipo, e che qualcuno ebbe la bontà di rimbalzare sui socialmedia, alle quali non partecipo!
È passato un anno, i valori espressi un anno fa sono sempre validi; sembra non ci sia altro da aggiungere, ma non è così! Se teniamo memoria di quel che disse Piero Calamandrei a proposito delle celebrazioni… “non siamo noi che celebriamo in nostri morti, ma sono essi che ci convocano puntualmente affinché noi rendiamo conto ad essi cosa abbiamo fatto per ricordare la loro memoria!…”
Se ricordiamo quella frase, qualcosa da aggiungere ai miei nipotini, carnali e non, c’è.
1) il 25 aprile, oggi, non è solo una celebrazione liturgica (quella serve, serve a tutti) ma il 25 aprile deve essere soprattutto un PROGETTO di vita, di riforma della Repubblica come la immaginarono i Padri Costituenti, uno stato sociale secondo i dettati dell’ Art, 3 della carta costituzionale; un principio fortemente disatteso in questi ultimi mesi con le scarse risorse assegnate sanità e scuola;
2) un PROGETTO di organizzazione sociale che garantisca a chi esce da casa al mattino per recarsi al lavoro la certezza di farvi ritorno alla sera (per tre lavoratori al giorno ciò non accade;
3) un PROGETTO di vita che garantisca a tutte le DONNE un adeguato rispetto e pari dignità di genere:
4) un PROGETTO di vita che garantisca in tempi brevi accoglienza e integrazione degli immigranti. È semplice e poco dispendioso. Ci sono frotte di insegnanti in pensione che s’impegnerebbero a insegnare l’Italiano e l’Educazione civica, la Cosituzione in altri termini, Quest’ultima, poi, dovrebbe essere meglio insegnata anche ai nostri ragazzi e, perché no ad alcuni dei loro docenti;
5) un PROGETTO di vita che garantisca la libertà di stampa, subdolamente minata ogni giorno dal governo in carica, che dovrebbe essere un governo di tutti ed è invece un governo per pochi, anzi per pochissimi.
Quante cose da fare, e non sono tutte, ma solo le prioritarie, almeno secondo me!
Dovrei fermarmi qui perché dopo quasi trenta righe il livello di attenzione e ricezione di chi legge si abbassa moltissimo.
Tuttavia non posso chiudere senza un’ultima riflessione. Ho vissuto vent’anni a Padova. Ho girato l’accogliente Lombardo-Veneto in lungo e largo. M’è capitato spesso di fermarmi all’area di servizio di Sommacampagna, e trovare (allora) sugli scaffali del’autogrill in bella mostra bottiglie etichettate come vino del duce o vino di Hitler. Non so se ci siano ancora.
Bighellonando tra i laghi Maggiore e di Varese, mi sono imbattuto nella Birreria di Buggiate (oggi solo sushi) dove anni fa si festeggiò il compleanno di Hitler. Simbolismi nazisti a iosa svastiche du varia foggia e anche il sole nero, ma soprattutto un karaoke che usava efferate parole antisemite (troie da squartare…, o ebrei da bruciare…) su muscihe popolari contemporanee, come Azzurro, Questo piccolo grande amore e altre. Negando la shoa, o attribuendone la responsbilità agli Ebrei, responsabili di aver dichiarato per primi guerra alla Germania.
Quell’aerea geografica è nota anche come lago nero, accolse sin dal 1945 gerarchi nazisti in fuga, come Hermann Brickler (il boia di Parigi condannato in Francia alla pena di morte) che nel 1951 costruisce col suo vero nome la stupenda villa a Leggiuno, a picco sul lago Maggiore, protetto (chissà perché?) dall’Italia che non ne concesse mai l’estradizione. Protetto a tal punto che la villa appartiene adesso al figlio che nel 2005 vi ospitò Erich Priebke condannato all’ergastolo (da scontare ai domiciliari) per la strage delle Fosse Ardeatine.
Chissà perché la nota del CLN del 23 gennaio 1946 inviata ai Carabinieri di Laveno, che diceva testualmente “i sudditi tedeschi appartenenti alle organizzazioni del disciolto esercito nazista non li vogliamo vedere circolae liberamente”, non ebbe seguito. Alla nota è allegato un elenco di oltre quaranta nomi.
Era la regola allora; gli ex-gerarchi non avevano necessità di raggiungere l’America del Sud. Bastava entrare in Italia dal Ticino nel varesotto, mettere su una fabrichetta a Milano con pochi denari e costruirsi una villa sul lago. Non dovevi nemmeno cambiar cognome, la proprietà passava da padre in figlio.
Il lago nero era accogliente! Perché?
Allora c’era il pericolo comunista e bisognava essere indulgenti con chi era non era comunista. E così Giudici Fasciti rimasero al loro posto, divennero Giudici della Reppublica, come burocrati fascisti divennero burocrati della Repubblica, impedendo di fatto di completare il rinnovamento dell’Italia.
Erano quelli gli anni nei quali si sarebbe dovuto fare i conti col passato, senza uccidere nessuno, con humana pietas per tutti, ma con i perdenti nei loto ruoli.
Fu quello l’errore, e lo paghiamo ancora, con una indulgenza eccessiva che ha portato i nipotini dei fascisti al governo del paese. Legittimamente è verò, ma con’eredità pesante dalla quale non vogliono prendere le distanze.
Un’eredità pesante perché sulle rive del lago nero si ritrova ancora oggi tutto l’estabilishement nero europeo e italiano, dall’ideologo di Putin Alexander Dugin, a Graziani fondatore o meglio ri-fondatore di quell’ordine nuovo protagonista degli anni di piombo e della strategua della tensione, ai DO.RA. (acronimo dei dodice raggi del sole nero di Hitler), una comunità che proclama il populismo in opposizione alla modernità. E giù giù sino ad Atreju e ai giorni nostri.
E allora quale messaggio per il 25 aprile del 2024?
Smettiamo di chiedere a chi ci governa se sono antifasciti; non lo diranno mai, perché non lo sono, anche se hanno giurato sulla Costistuzione antifascista.
Al contrario cominciamo a chiedere, non certo a chi ci governa, ma alle Procure della Rebubblica quando l’Italia inizierà ad applicare la legge Scelba (20 giugno 1952 n. 645) e la legge Mancino (26 aprile 1993 b. 122).
Buon 25 aprile a Tutte e Tutti
C’è stato un commento degno di nota:
Il 25 aprile celebra la fine della guerra, la fine del fascismo e del nazismo.Dovrebbe essere la rinascita dopo un periodo di odioso regime .Nn apprezzo chi ne fa un’occasione di divisione e nn di unità. Nn si può vivere con la testa girata al passato .È stato un brutto passato, molti nn hanno pagato per ciò che hanno fatto, è vero.Ma basta! Ricominciamo a ricostruire il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti senza odio e senza rancore.E ricordiamoci che la libertà è un bene da custodire gelosamente.
Non posso non risponderti anche se non citerò il tuo nome per grande rispetto!
… tutto puoi dirmi salvo ch’io non desideri che il 25 aprile sia la festa di TUTTI gli ITALIANI; tutti. È ciò che ho scritto nel post di un anno fa! Tutto puoi dirmi tranne che io voglia fare di questa festa meravigliosa un’occasione di divisione, che io viva con la testa girata al passato. Ho la testa ben rivolta in avanti e, grazie a Dio, l’orizzonte è ancora libero, e ciò che vedo è qualcuno che desidera fortemente guardare indietro, con la proposta del premierato, qualcuno che spinge per la donna forte o l’uomo forte che sia.
L’orizzonte è libero, ti assicuro e vedo bene chi sta distruggendo la scuola pubblica, la sanità pubblica, e tutti i valori che questo Paese antifascista aveva conquistato con lotte importanti. Vedo bene chi fa gravare il peso fiscale su lavoratori dipendenti e pensionati anziché tassare gli extraprofitti delle superaziende.
Ma basta, dici tu, e credo ti riferisca (anche se non ne sono certo) alla mia citazione del lontano 1943. Se è così mi dispiace averti irritato, ma un po’ di Storia con la S maiuscola non guasta per capire il presente. Quella storia l’abbiamo imparata sui medesimi banchi.
Però concordo con te, adesso si potrebbe iniziare a dire basta e iniziare a festeggiare come gli americani il 4 o i francesi il 18 luglio.
Basta ma a una condizione che i privilegi immeritati scompaiano.
Storicamente tutto iniziò nel 1943, con la RSI fantoccia; e per ricominciare a ricostruire il futuro di figli e nipoti è necessario che scompaia il lago nero, con le sue rive e i suoi festini.
Perché è da li che verrà (io spero di no e m’impegnerò finche avrò vita affinché non accada) la nuova destra autocrate. Non sarà un nuovo fascismo mussoliniano, quello (che iniziò 100 anni fa uccidendo Giacomo Matteotti) che ebbe fine nel 1945 con le stragi naziste e fasciste. Ciò che potrebbe avvenire è una deriva destroide come quella orbaniana, putiniana o, che Dio ce ne scampi, trampiana.
L’augurio che faccio a tutti i compagni di scuola, ai nostri figli e nipoti, è quello di poterci ritrovare qui tutti tra un anno, con la nostra Meravigliosa Costituzione del tutto intonsa, a dirci ancora Buon 25 aprile a tutte e tutti.
Apr 25
25 aprile – Festa della Liberazione dalla occupazione nazi-fascista (Riflessioni di un nonno)
Una festa antifascista; una festa di tutti gli Italiani che celebra la fine della guerra, della dittatura e della violenza fascista, della efferata occupazione occupazione nazi-fascista, e della guerra fratricida tra Italiani, tra i fascisti e la resistenza antifascista.
Una festa che non riesce e divenire condivisa da tutti, perché ognuno custodisce le proprie memorie e verità. E anche questo è, forse, legittimo. Eppure i fatti contano, e sono precisi.
La resistenza partigiana insieme all’azione militare alleata portarono alla fine dell’occupazione nazista, della dittatura fascista e alla riconquista della libertà.
Si, della libertà! Libertà per tutti gli Italiani, anche per coloro che dopo l’8 settembre 1943 si schierarono dalla parte sbagliata. Si dalla parte sbagliata!
Se la humana pietas esige che tutti i caduti della guerra fratricida siano parimenti ricordati perché sono caduti per un’idea nella quale credevano, non si può negare che coloro che si schierarono dalla parte della Repubblica Sociale Italiana, combattendo per le brigate nere, erano dalla parte sbagliata.
Una festa che, più che condivisa, dovrebbe essere una festa collettiva, di tutti gli Italiani, indipendentemente dal proprio credo politico, di tutti gli Italiani che dal 1945 in poi possono riunirsi liberamente in associazioni e partiti differenti (durante il fascismo non si poteva fare), che dal 1945 in poi possono esprimere liberamente le proprie opinioni, ascoltare radio e TV e leggere giornali di differente indirizzo intellettuale e politico (durante il fascismo non si poteva fare, c’era la censura), tutti gli Italiani che dal 1947 hanno una delle migliori Costituzioni del mondo.
Una festa collettiva di tutti gli Italiani, che dovrebbero essere tutti fieri di definirsi antifascisti, perché la legge fondamentale della nostra Repubblica è profondamente antifascista anche se non contiene questo aggettivo nel proprio testo. E non lo contiene perché pleonastico; tutto il testo della Costituzione della Repubblica Italiana è un inno antifascista.
Fiumi di inchiostro sono stati scritti sull’argomento, e non sarò certo io a ingrossarli. Non ne ho titolo; non sono uno storico né un analista politico, né giornalista. Sono solo un libero cittadino di questa Repubblica antifascista, ma proprio per questo credo di avere il diritto/dovere di lasciare ai miei nipoti un messaggio semplice su cosa sia l’antifascismo.
Nel 1943-45 vi erano due fazioni, i fascisti della repubblica sociale e gli antifascisti che il regime aveva a lungo imprigionato, torturato e anche ucciso.
Se la guerra civile l’avessero vinto i fascisti, gli antifascisti sarebbero rimasti in carcere o sarebbero stati uccisi;
l’hanno vinta gli antifascisti e, in virtù della riconquistata libertà (bene primario per tutti), agli ex fascisti fu consentito di sedere negli scranni del Parlamento della Repubblica!
È sufficientemente chiaro cosa sia l’antifascismo? In una parola, libertà
Nov 07
Cinquant’anni: ricordi d’infanzia e dell’età adulta!
Oggi 7 novembre si festeggia Sant’Ernesto.
Nella nostra famiglia era consuetudine riunirci a casa dello zio Ernesto, zia Gelsomina e zia Teresa, per festeggiare l’onomastico dello zio e quello di mio padre che sarebbe stato il giorno 9 novembre.
Crispelle, castagne, salumi, formaggi e frutta secca. Nel 1971 mancai a quell’appuntamento. Ne avevo un altro; uscivo per la prima volta con Elena.
Cinema (con la tessera dei giornalisti) e dopo a cena.
Negli anni successivi, ovviamente, anche Elena partecipava alla riunione per gli auguri allo zio Ernesto e a papà Aurelio, e sovente ricordavamo ridendo la mia assenza del 1971…
Ma c’è un’altra coincidenza oggi, oltre il ricordo del 1971.
Il 7 novembre 2015, visitammo, al Castello Ursino e c’era anche Claudia, la mostra di Chagall, ed Elena allestì una propria composizione sulla lavagna magnetica.
Fu quella, forse, l’ultima uscita di Elena durante la quale eravamo tutti pieni di grande speranza…
Elena mia, ti amo tanto; sono ancora tanto innamorato di te e non posso dimenticare quella sera di cinquant’anni fa.
La nostra vita insieme che iniziava!
Mar 05
#AllForJan – Dear Slovak Friends …
This news from my family website is dedicated to Slovak friends. Since the autumn of 1967, when I was a visiting student at the Medical School of Martin, Slovakia is in my heart. Not only Slovakia, but also Cekia. At the time, I was 22, Czechoslovakia was a single nation, and as such I learned to know and love it. I had many friends, and many of them I found over the years, as part of the scientific community of which I belong. I wrote, in my diary of those distant days, how absurd it was that I and they were arrayed, as a result of the political choices of the respective Countries, on opposite fronts, while our common studies, the science we began to learn, would have pretended that we were on the same side, that of the weakest people, of humanity who suffers.
Since January 1969 I learned to love another friend, never known, but whom I loved for his feelings as a free man. It was Jan Palach, three years younger than me and many dreams.
Today I learn to love another Jan.
Feb 10
10 Febbraio, un’altra memoria da non dimenticare!
Il 10 febbraio, un altro giorno della memoria da non dimenticare!
Ancora una memoria di violenze e soprusi.
Ricordare le vittime delle foibe, gli Italiani uccisi dai titini, l’esodo giuliano-dalmata, è un dovere di tutti i cittadini onesti.
Il progetto di Tito era quello di eliminare tutta la classe dirigente e produttiva dell’Italia in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, e per questo uccisero senza guardare in faccia nessuno, anche coloro che avevano combattuto contro i nazifascisti.
Avere memoria viva e consapevole delle foibe, significa essere contro tutte le violenze e le sopraffazioni, soprattutto quelle perpetrate nei confronti delle minoranze. Significa essere contro ogni odio razziale e contro ogni esasperato nazionalismo.
E per questo dobbiamo avere memoria anche delle vittime delle sofferenze inflitte alle minoranze istriane da un’Italia che, a sua volta, sin dal 1918-1920, soppresse l’insegnamento di lingue diverse dall’italiano, incendiò il Narodni Dom, italianizzò i cognomi slavi, internò le personalità di spicco delle comunità non italiane, bastonandoli col manganello, somministrando olio di ricino, e uccidendoli come a Dane!
Un’Italia per nulla sepolta nelle memorie tristi del nostro Paese, della quale sempre più frequentemente osserviamo il pericoloso rigurgito.
Nov 18
Il Giardino di Scidà: una casa memoria nel centro di Catania
Un bene confiscato alla mafia diventa casa memoria. Una casa con un bellissimo giardino nel centro della città di Catania, in via Randazzo 27.
Una rete di associazioni che vuole trasformare quello che è stato un luogo di mafia in un giardino per il quartiere e in una “casa memoria” della lotta alla mafia: I Siciliani Giovani, l’Arci, il GAPA, la Fondazione Fava, il circolo Melquiades, il Collettivo Scatto sociale, il MAD, l’Anpi.
L’abbiamo chiamato “Il Giardino di Scidà”. Gli abbiamo dato il nome di un giudice, storico presidente del Tribunale dei minori di Catania, che tanto ha fatto per combattere la mafia e per salvare intere generazioni dalla criminalità.
Catania ha pochissimi luoghi della memoria della lotta alla mafia. Per qualcuno a Catania la mafia non è mai esistita!
Ott 29
IL TUO VOTO LIBERO
… la vostra libertà l’avete consegnata ad alcuni individui e, per vigliaccheria, avidità o pigrizia, li avete scelti come vi faceva comodo: quelli più disposti ad essere corrotti, a stabilire prezzi e ricompense per tutto…
(Giuseppe Fava. Il Proboviro, 1972).
SICILIANI, non pensate sia giunto il tempo di cambiare? Di riprenderci la nostra dignità calpestata e umiliata? Di fare questi CENTO PASSI verso una Sicilia migliore?
USA IL TUO VOTO LIBERO!
Chi pensa e dice, sarebbe bello ma non ci sono chance di vittoria, provi a considerare che l’alternativa è non andare a votare, o continuare a votare per chi ha ridotto la Sicilia nella condizione in cui si trova. In entrambi i casi il risultato sarebbe lo stesso. Poi, tra qualche anno, non lamentatevi se i vostri figli e nipoti non troveranno lavoro e dovranno emigrare. Avrete contribuito a quel risultato.
Chi dice che votare Cento Passi è un voto inutile, fa il medesimo giochetto, gattopardescamente si schiera perché nulla cambi, in nome del cambiamento. Proprio come gli antichi padri democristiani.
Non dimenticare che tutto lo sfascio è iniziato il 1° maggio del 1947, a Portella delle Ginestra.
Apr 25
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